Ritenuta d’acconto: cos’è? Conviene?
Il sistema contributivo sottoposto a ritenuta d’acconto è un’opzione che molti lavoratori autonomi possono valutare. Sempre che dispongano dei requisiti necessari per poterla mettere in essere e in pratica. Si tratta di un modus operandi che permette di evitare di aprire una Partita Iva. Ma di lavorare, tuttavia, come se si fosse un vero e proprio professionista di un dato settore. Questo, però, non esonera dall’obbligo di contribuire fiscalmente agli oneri statali. I lavoratori che operano con ritenuta d’acconto pagano ugualmente un tot di tasse. Semplicemente, l’operazione di pagamento e di invio telematico dello stesso non è gestito da loro. Ma da colui che commissiona il lavoro. Ossia il committente o, in termini più semplici, il datore di lavoro o cliente che dir si voglia.
Chi può lavorare con ritenuta d’acconto?

Ritenuta d’Acconto
La prima distinzione da fare, quando si parla di obblighi contribuitivi e documenti fiscali, è tra due grandi categorie di lavoratori, o prestatori d’opera:
- dipendenti;
- autonomi.
Nello specifico
I primi sono i cosiddetti “assunti regolari“. Ossia persone che hanno un datore di lavoro specifico e continuativo e che beneficiano di un contratto. Sia che esso sia a tempo indeterminato sia che rientri in una qualsiasi categoria di lavoro temporaneo o a scadenza. Sia che si tratti di un impiego in ambito statale che privato. Questi lavoratori percepiscono una busta paga. E, mensilmente, si vedono accreditare solo il netto del loro stipendio. In quanto, al lordo, vengono automaticamente scalate tutte le cifre relative alle contribuzioni statali, fiscali, burocratiche e pensionistiche.
I secondi sono coloro che hanno scelto la strada della libera professione. O dell’imprenditoria. Questi devono, invece, gestire autonomamente i propri compensi, calcolando di proprio pugno (o grazie all’aiuto di un Commercialista) il totale a pagare per le tasse, le imposte, i contributi alle Casse Previdenziali o alla Gestione Separata. La ritenuta d’acconto è una delle tante opzioni contributive a disposizione, appunto, dei liberi professionisti.
Cosa deve fare un libero professionista per lavorare in regola?
I liberi professionisti, così come tutti i titolari d’azienda o società, devono aprire Partita Iva. Scegliendo, in base ai requisiti reddituali e tipologici della propria attività tra Partita Iva classica o forfettaria. Esistono, tuttavia, casi in cui un soggetto può lavorare da professionista senza obbligo di apertura di Partita Iva.
Tra questi:
- coloro che, annualmente, incassano meno di 5000 euro (in quanto non soggetti a tassazione);
- tutti coloro che non hanno una vera e propria professione ma svolgono, occasionalmente, lavoretti occasionali per committenti, sempre senza sforare la soglia dei 5000 euro annui;
- i venditori di opere del proprio ingegno, ad esempio gli scrittori che cedono i diritti d’autore, i grafici che cedono i loro lavori, gli artisti:
- gli operanti nel settore della vendita porta-porta o per corrispondenza, sempre al di sotto dei 5000 euro annui;
- i giovani che monetizzano tramite Social, cosiddetti “influencers“;
- gli inventori, che cedono brevetti di opere del proprio ingegno e intuito;
- chi commercia vendendo oggetti di sua proprietà o realizzati artigianalmente, anche online, saltuariamente e sempre con incassi minimi, al di sotto dei 5000 euro.
Costoro possono decidere di non aprire Partita Iva ma lavorare in ritenuta d’acconto.
Conviene la ritenuta d’acconto o meglio la Partita Iva?

Ritenuta d’Acconto: Pro e Contro
In linea generale, così come consigliano anche molti Commercialisti, è sempre meglio possedere una Partita Iva. Questo perché, nel caso in cui la propria attività decolli improvvisamente e apporti guadagni insperati, si può beneficiare di diversi vantaggi che la ritenuta d’acconto non offre. Ad esempio la possibilità di scalare dall’imponibile fiscale le spese. O di rientrare in agevolazioni fiscali dedicate agli imprenditori e ai liberi professionisti. Tuttavia, per chi effettivamente lavora solo saltuariamente, ha un secondo lavoro o cede proprie opere di ingegno e/o artigianato come hobbistica, le spese relative alla gestione di una Partita Iva sarebbero controproducenti. Quindi, in questi casi, meglio lavorare con ritenuta d’acconto.
Cos’è la ritenuta d’acconto
La ritenuta d’acconto consiste in questo:
- il committente paga il lavoratore ma trattiene il 20% (o il 30%, a seconda della tipologia di lavoro svolto) dandogli, effettivamente, solo la cifra netta restante;
- i soldi trattenuti al lavoratore vengono versati dal committente, a suo nome, all’Ente specifico (es. INPS) tramite modulo F24.
In questo modo il lavoratore risulta in regola per i suoi obblighi fiscali senza avere alcun onere fisico di occuparsi di conteggi, invii telematici e pagamenti. Esattamente come accade ai lavoratori dipendenti che percepiscono busta paga. In parole semplici: chi lavora con ritenuta d’acconto non deve preoccuparsi di pagare le tasse. In quanto vengono pagate per suo conto dal datore, o dai datori, di lavoro.
Come si fattura la ritenuta d’acconto
I professionisti che scelgono di lavorare con ritenuta d’acconto non devono emettere fattura. Bensì devono ricevere una ricevuta dal proprio committente.
La ricevuta d’acconto deve contenere:
- dati del committente, incluso codice fiscale e/o Partita Iva;
- quelli del professionista, incluso codice fiscale;
- data;
- numero progressivo di ricevuta;
- descrizione della prestazione ottenuta;
- importo lordo della prestazione;
- percentuale e cifra in trasparenza della ritenuta d’acconto, che andrà sottratta al compenso lordo;
- quota del compenso lordo;
- totale del netto, ossia di quello che verrà pagato al professionista.
Tale ricevuta, in base alla nuova legislatura in vigore da gennaio 2019, andrà trasmessa telematicamente al SdI. E, di conseguenza, all’Agenzia delle Entrate. Anche questa operazione deve essere effettuata dal committente, ossia dal datore di lavoro. Chi detiene Partita Iva in Regime Forfettario può pagare qualcuno usando il metodo della ritenuta d’acconto. Non è però obbligato alla trasmissione telematica. Tuttavia, eventuali ricevute emesse con ritenuta d’acconto andranno comunque consegnate al Commercialista perché anch’esse determinano il conteggio dell’imponibile fiscale.
L’eccezione

Ritenuta d’Acconto: no!
Esiste però un’eccezione. Tutte le prestazioni al di sotto dei 25,82 euro non sono soggette né a ritenuta d’acconto né a bollo. Quindi, se si svolge un lavoro per una cifra inferiore a 25,82 euro si dovrà percepire l’intera cifra, in quanto non sottoposta a tassazione. Nonostante questo, la ricevuta va ugualmente emessa e trasmessa telematicamente al SdI anche se non concorrerà al conteggio di tassazione. Ricordiamo anche che lavorare con ritenuta d’acconto può essere utile ai lavoratori non residenti in Italia, che così potranno evitare di dover aprire Partita Iva ma potranno comunque lavorare in maniera corretta e regolamentata.